Parte 1: “CORONAVIRUS, PENSIERI DALLA QUARANTENA PER LA FASE 2”

Coronavirus, fase 2. Gli alunni con disabilità, pensieri dalla quarantena. Il rientro a scuola

Ho pensato di scrivere alcune riflessioni che si sono affollate nella mia mente in questi giorni leggendo giornali e Internet e ascoltando la TV, dal punto di vista della disabilità.

La mia formazione ha avuto come centro il pensiero che, se riusciamo ad occuparci efficacemente delle persone più fragili e complesse, faremo un ottimo lavoro anche per tutti gli altri. 

Ancora di più questo vale, secondo me, in questo tempo di pandemia, in cui il presente rimane in larga parte sconosciuto (e forse in gran parte inconoscibile) e il futuro quanto mai incerto.

Ho quindi deciso di condividere con i lettori di questa lista il mio pensiero, non perché ritenga che sia chissà che cosa, ma nella serena certezza che niente è più facile che cancellare una mail che non ci interessa.

Ecco quello cui ho pensato. 

Coronavirus, fase 2.

Gli alunni con disabilità, pensieri dalla quarantena.

Il rientro a scuola

 

Non sappiamo se la Task Force avviata dal Ministero dell’Istruzione per la ripartenza della scuola (https://www.scuolainforma.it/2020/04/18/riapertura-scuole-capo-task-force-miur-patrizio-bianchi-ecco-le-nostre-priorita-per-la-fase-2-scuola.html) abbia tra i suoi punti quello della ripartenza per gli alunni con disabilità. Credo che dovrebbe averlo, non come punto tra i tanti ma come primo punto. Perché se si mettono in sicurezza i più fragili e i più indifesi, i più complessi, allora si hanno buone probabilità di riuscire a mettere in sicurezza anche tutti gli altri.

Perché la sicurezza deve rimanere, ovviamente, al primo posto di ogni ragionamento.

I ragazzi certificati presentano una vastissima gamma di problemi e di questioni, anche connesse alla salute fisica, oltre che a quella mentale e psicologica, tale da imporre ragionamenti estremamente raffinati e puntuali, che non possono essere affrontati dalla scuola da sola. Inoltre le strategie per il rientro in sicurezza degli alunni certificati nelle scuole necessitano sicuramente di linee guida nazionali ma soprattutto devono essere totalmente personalizzati, scuola per scuola, alunno per alunno.

Quindi occorre un grande lavoro a livello centrale che affronti, tra scuola, Comuni,  sanità e famiglie, il tema delle varie categorie di alunni certificati e le condizioni di massima ascrivibili a ciascuna situazione. Dopo questo, in ogni territorio ci dovranno essere costruiti dei percorsi personalizzati in cui scuola (quella scuola), Comune, quel Comune, Sanità (i profili professionali necessari per quel tipo di alunno) e famiglie studino la personalizzazione del rientro e della frequenza in sicurezza.

Voglio fare alcuni esempi, tanto per essere più chiara. Una categoria di disabilità che tutti conoscono è quella determinata dalla Sindrome di Down. Al di là delle inevitabili differenze individuali, questa sindrome, piuttosto ben conosciuta e studiata, ha delle caratteristiche generali. Innanzi tutto si accompagna a disabilità intellettiva (anche se, nei casi di disabilità lieve, un intenso lavoro abilitativo può anche portare a risultati molto vicini alla norma, a volte nella norma). Poi si accompagna ad una forte socialità. Anche se vi sono delle eccezioni (ad esempio nell’associazione della Sindrome di Down con un disturbo dello spettro autistico), comunque nella generalità dei casi l’affettività sociale e la ricerca del contatto corporeo sono una delle caratteristiche di questa sindrome. Poi: la sindrome ha delle ricadute nel campo della salute, si accompagna spesso a problemi cardiaci, a diabete, ipotiroidismo, maggior rischio di sviluppare leucemie.

Altro esempio, forse opposto, quello degli alunni con autismo, che hanno spesso problemi intellettivi, comportamentali, comunicativi, relazionali, di rigidità, ritualità. Ma anche problemi di salute spesso compresenti, epilessia, risposte paradosse ai farmaci, problemi alimentari e altro.

 

Il livello nazionale

Perché dico questo? A livello nazionale occorre che qualcuno valuti, ad esempio, come si affronta la questione del rientro a scuola di ragazzi che correranno ad abbracciare i compagni, che non riusciranno ad accettare visi coperti e distanze sociali. Che ferita sarebbe per loro correre felici verso il compagno ritrovato ed esserne respinti? Questo è insieme un tema tecnico e un tema pedagogico. Perché bisogna contemperare ciò che uno è, la sua ricchezza come persona, e le condizioni dettate dalla presenza di una minaccia invisibile (teniamo presente che già ci viene detto che in autunno il virus ritornerà, non sappiamo come, ad esempio non sappiamo se muterà rendendo inutile o poco utile la cosiddetta immunità che oggi avrebbero – forse – coloro che hanno già affrontato il virus).

Inoltre c’è il tema dell’eventuale contagio: cosa accadrebbe nel caso di un ragazzo con sindrome di Down che viene contagiato? Qualcuno è già stato contagiato in questa fase? Ci sono studi nel mondo o ci si limita, come negli USA e altrove a non ammetterli alle rianimazioni perché sono merce fallata su cui non conviene investire?

Cosa accadrebbe a questi organismi particolari non soltanto in rapporto alla risposta immunitaria all’attacco virale, ma anche all’uso dei farmaci, di farmaci pesantissimi per l’organismo.

Come potrebbe un ragazzo Down affrontare la permanenza sotto un casco con l’ossigeno, che fa rumore, da solo in un ambiente pieno di gente vestita come marziani, che non ti può toccare, abbracciare, consolare? Senza i tuoi genitori vicino?

Siamo approntando COVID Hospital dappertutto (o almeno così ci dicono), ma ci sono allo studio, in una di quelle innumerevoli commissioni e task force che proliferano come funghi, c’è qualcuno che sta affrontando l’elaborazione di percorsi di ricovero e cura per ragazzi con la sindrome di Down, o con autismo, o con malattie genetiche più o meno rare, e così via, tutti con disabilità intellettiva, problemi comunicativi e comportamentali?

Perché se si parla di rientro in contesti sociali di questi ragazzi, bisogna anche pensare a cosa succede se si contagiano. Perché se non ci pensiamo accadranno cose terribili e non possiamo contare sullo stellone che dice che i giovani non vengono contagiati o lo sono poco. I ragazzi certificati non sono nelle stesse condizioni degli altri, non hanno la stessa resistenza fisica, ma neppure psicologica, mentale ….

Si sta scoprendo, ad esempio, che la Comunicazione Aumentativa e Alternativa attraverso i tablet è una risorsa importante per persone che sono chiuse dentro i caschi con l’ossigeno e non possono normalmente comunicare a voce. Per tanti ragazzi con disabilità che usano la CAA a scuola, questo sarebbe uno strumento fondamentale. Ma quanti medici rianimatori sono in grado di usarla? Ci si dice che hanno problemi più grandi, e ora è assolutamente vero. Ma stiamo preparando il domani, non è vero?

 

Potrei facilmente continuare con gli esempi parlando delle diversissime forme di autismo e delle variabilità presenti nello spettro. Tutti i temi sopra citati tornano nel caso dello spettro autistico, cui si aggiungono le forme ossessivo-compulsive, le ritualità, le difficoltà ad affrontare ambienti nuovi e diverse condizioni, l’ostilità al cambiamento e infinite altre questioni.

Dal punto di vista sanitario ho detto: bisogna capire adesso, prima di reimmettere nei vari contesti sociali, in primis la scuola, questi ragazzi fragilissimi, come potremo diagnosticarli e curarli in caso di contagio, senza vaccino per ora (e che, in alcuni casi, anche quando il vaccino ci sarà, potrebbero non essere in condizioni di farlo per il rischio di reazioni avverse).

Dal punto di vista educativo e pedagogico in genere, come prepararli a rientrare a scuola, in una scuola che sarà completamente diversa da quella attuale? Mi verrebbe quasi da fare della tragica ironia sulle tante “aulette di sostegno” in cui spesso venivano confinati: magari oggi potrebbero addirittura essere una soluzione migliore di altre: isolamento in contesto sociale.

Ancora un esempio. C’è stato chi ha inventato delle mascherine con la parte frontale trasparente per aiutare le persone sorde consentendo la lettura labiale. Mascherine trasparenti potrebbero o no facilitare l’accettazione da parte degli alunni certificati? Accettazione per se stessi e per gli adulti con cui si relazioneranno.

Se la risposta è sì, e io credo che in molti casi oltre la sordità la risposta potrebbe essere positiva, allora stiamo producendo abbastanza mascherine con il frontalino trasparente perché ogni scuola ne sia dotata in abbondanza, per tutti i giorni e per tutti? Oppure li sbattiamo tutti a scuola, questi ragazzi, i loro docenti ed educatori e bidelli, e ciascuno per sé e Dio per tutti? Come possiamo positivamente pensare che sarà così se siamo vicini ai 150 medici morti per mancanza di dispositivi di protezione individuali?

 

Abbiamo una intera estate per preparaci. A livello nazionale, come si può usare l’estate per preparare il rientro di questi ragazzi? Quando qualcuno avrà deciso come saranno le scuole alla riapertura (vedi Task Force sopra citata – e speriamo facciano in fretta) come prepararli? Ci potrebbero essere degli educatori pagati d’estate per preparare i ragazzi uno a uno? Molti di questi educatori sono stati messi in cassa integrazione o licenziati e sono senza lavoro. Anziché assisterli con contributi che sembrano elemosine di stato, perché non farli lavorare in condizioni di sicurezza, per preparare il rientro?

E perché non si può chiedere agli insegnanti la disponibilità a collaborare? Noi abbiamo visto col terremoto gli insegnanti e i dirigenti scolastici fare cose incredibili, senza che neppure qualcuno lo chiedesse o lo sollecitasse. Si è trattato soltanto di dare regolarità amministrativa ad iniziative spontanee che rispondevano al bisogno qui e ora. Un quadro normativo che legittimi l’iniziativa personale e la creatività, la responsabilità dei Collegi dei Docenti.

E’ tanto di moda vituperare gli insegnanti, ed è così facile. Ma, ripeto, noi abbiamo visto con terremoto mobilitarsi risorse professionali ed umane che nessuno immaginava.

Quindi, a livello centrale, costruire i quadri di legittimità dell’azione locale, senza la pretesa di poter dire da Roma quello che deve essere per ciascun alunno in ciascun luogo e contesto. Sarebbe una follia.

 

Il Piano locale

Ogni territorio deve cominciare, adesso, a costruire percorsi di rientro a scuola degli alunni con disabilità. Quell’alunno in quella scuola. Si possono fare riunioni a distanza, tutti i professionisti oggi sono in grado di partecipare ad una videoconferenza. Per le famiglie che avessero difficoltà ci sono risorse date dalle scuole e del territorio.

Cosa decidere?

Ancora una volta valgono le indicazioni della Pedagogia Istituzionale: quali sono le istituzioni che costruiscono il contesto scuola e come varieranno con il coronavirus?

Partendo dai grandi organizzatori dell’esperienza umana e dei contesti sociali. Tempo, Spazio, Relazioni umane, Attività.

Come cambierà l’organizzazione del Tempo? E come il suo correlato Spazio? Non entreremo più a scuola tutti insieme, questo è poco ma sicuro. Come entrerà l’alunno A e come l’alunno B?

Non si starà più tutti insieme appassionatamente in venticinque nella stessa aula gomito a gomito. Se già prima le cosiddette classi pollaio erano la negazione di un efficace contesto educativo e relazionale, ora sarebbero un attentato alla salute pubblica e focolai di epidemia da denunciare ai carabinieri.

Quindi? Gli alunni certificati resteranno ciascuno in una auletta separata? Oppure potranno essere preparati nel corso dell’estate a stare in un piccolo gruppo ben distanziati?

Io ho visto (e a suo tempo inserito in una delle dispense dell’USR Emilia-Romagna) esempi di strutturazione dello spazio fisico per insegnare agli alunni con autismo a stare al proprio posto, segnalandolo a terra con degli spazi delimitati da nastro adesivo colorato. Perché no e perché non per tutti? Non so se ci avete fatto caso, ma nei supermercati, per evitare che la gente si avvicini troppo ai banchi serviti o si accalchi alle casse, sono stati messi dei segnali a terra: fin qui e non oltre. Si parla di strutturazione e, guarda un po’, scopriamo che diventa utile per tutti.

Occorrono storie sociali, ma non generali, perché devono essere specifiche scuola per scuola. Ancora una volta non si può pensare che torneremo a scuola tutti allo stesso modo e allo stesso tempo e nelle stesse condizioni. Ci sono scuole che hanno spazi di espansione, scuole che già fanno i doppi turni. Scuole vecchie e cadenti, scuole moderne con spazi e laboratori. Scuole piene di computer sui banchi e altre che – se hanno i computer – li tengono chiusi in un armadio.

Per evitare affollamenti, dovremo moltiplicare i percorsi e regolare gli afflussi, ad esempio nei bagni.

Come la scuola A e la scuola B dovranno prepararsi a questo? E come dovranno prepararsi gli alunni certificati? Occorreranno percorsi segnati a terra? Tabelle temporali?

Se dobbiamo continuamente lavarci le mani, ci sarà sapone e acqua calda e asciugamani di carta sempre e per tutti? E i ragazzi certificati, ciascuno nelle sue condizioni, come verranno preparati a lavarsi le mani come oggi si deve fare?

E i ragazzi che devono essere lavati e cambiati a scuola?

Poi: come si arriva a scuola? Come funzioneranno i trasporti scolastici? Certamente non con pullmini affollatissimi. Ma quanti pullmini dovrà attivare ciascun Comune per portare a scuola tutti i ragazzi che hanno bisogno del servizio, affinché possano sedere distanziati e stare lontani gli uni dagli altri? Quanti educatori/accompagnatori serviranno? E come avverrà il trasporto dei ragazzi disabili dentro questo quadro? Una volta deciso come sarà, come li prepareremo perché siano pronti quando il servizio partirà?

Non ci saranno più le mense affollate e rumorose, direi, e questa sarà una delle poche buone cose che potranno derivare da questo virus. Ma come sarà? Ovviamente niente pentoloni da cui attingere per scodellare, direi. Quindi vassoi monoporzione chiusi da aprire sul posto. Siamo pronti a questo? I Comuni stanno riconvertendo il servizio mensa in questo senso? Come preparare i ragazzi disabili a questo nuovo contesto?

Come ristruttureremo l’educazione fisica, ci saranno ancora i Giochi Sportivi Studenteschi ora che i contatti personali devono essere evitati, non soltanto nelle gare ma anche in tutto il contesto attorno?

Potrei continuare a lungo ma mi fermo qui perché credo di essermi abbastanza spiegata.

Road map? A giugno le regole nazionali, luglio e agosto per la personalizzazione dei rientri a scuola in sicurezza fisica e in condizioni di potervi svolgere compiti di apprendimento.

E’ una illusione? No. Non lo è. Se il centro impara a fare il centro e ciascuno, nel suo piccolo, si mette a disposizione per costruire futuro, non sarà un’illusione. Altrimenti sarà un inganno che potrebbe costare molte vite umane, vite che noi, in questo Paese, non possiamo essere disposti a perdere senza lottare.

Danilo Dolci, tanti anni fa, scrisse che “ciascuno cresce soltanto se sognato”.

Saluti cari a tutti

Graziella.

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